Incontri con l'autore

 
dove
Palazzina azzurra (in caso di maltempo all'Auditorium comunale)
 
quando
10 Luglio alle ore 21,30
 
telefono
3664349288
 
e-mail
 
 
a cura di

Associazione "I Luoghi della Scrittura", la "Fabbrica dei Fiori" con il patrocinio ed il sostegno dell'Amministrazione Comunale e dalla Regione Marche

 
 
 
 
 
 
 

Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1964. Collabora al Corriere della Sera e al manifesto. Da Ponte alle Grazie sono usciti Qualcosa di scritto (2012) e la nuova edizione di Musica distante (2012). Tra gli altri suoi libri: I cani del nulla(Einaudi, 2003), Senza verso. Un’estate a Roma (Laterza, 2004), Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010), Il popolo di legno (Einaudi 2015).

 

IL LIBRO

Roma, 1983. Il Novecento brilla ancora. Emanuele, neppure ventenne, lavora in un cineclub del centro. Una notte, al termine di un film di Tarkovskij, entra in sala e vi trova un uomo solo, in lacrime. È Arturo Patten, statunitense trapiantato a Roma, uno dei più grandi fotografi ritrattisti. Per tutto lo scorcio del secolo, Emanuele ascolterà la lezione del suo amico, Lucignolo e Grillo Parlante assieme, che vive la vita con invidiabile intensità, e grazie a lui incontrerà Cesare Garboli, il «grande critico» cui è qui dedicato uno splendido cammeo, che prima di morire gli affiderà la missione di indagare su Metastasio e sul suo sonetto Sogni, e favole io fingo. «Favole finge» tutta la grande letteratura moderna qui evocata, da Puškin a Pessoa fino ad Amelia Rosselli, somma poetessa italiana del Novecento, che abita nella stessa strada di Arturo e che come lui lascerà la vita per scelta; Emanuele incontrerà più volte quel meteorite umano, sempre in fuga da oscuri e spietati nemici, e con Arturo è lei, e la sua eredità, l'altra protagonista di questo folgorante «libro strano» di Trevi – romanzo autobiografico e divagazione saggistica assieme, sette anni dopo Qualcosa di scritto. Arturo, Amelia, Metastasio guidano lui e noi nel cuore di una Roma piovosa e arcaica, nel cerchio simbolico della depressione e dell'insensatezza, verso l'approdo vitale dell'illusione: se, come scrive Metastasio, le storie inventate suscitano in noi la stessa commozione delle vicende reali, forse di sogni e favole è fatta la vera vita.