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Tabulae et fabulae

 
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Tabulae et fabulae è il titolo dell’ultimo racconto di un libro narrativo di Sergio Anselmi. Sottolineo narrativo perché Anselmi è stato un autorevole studioso di storia adriatica (sul versante del mare, della costa e dell’immediato entroterra), e autore di numerose opere storiografiche e di saggi. Già avanti negli anni e nella carriera, lui che ha frequentato assiduamente gli archivi e consultato le carte e i documenti su cui si fondano i suoi studi di storia economica, sente di dover restituire agli uomini inscritti nelle carte d’archivio l’individualità di persone. Scrive infatti: “Lucio Esopo (nome sotto cui si cela l’autore stesso, ndr.)pensava che senza gli archivi nessuno avrebbe potuto scrivere di storia, ma sapeva anche che le carte, chiamate fonti, non per il futuro storiografo erano state scritte e quindi se potevano essere utili, e quasi sempre lo erano, per contare uomini, merci, navi, ricchezze, nulla potevano dire degli esseri umani nella loro carnalità di pelle, di ossa e di testa.” Da qui dunque per lui il passaggio dalle tabulae alle fabulae. Della verità di quanto scritto da Sergio Anselmi abbiamo avuto una riprova nel pomeriggio del 6 giugno scorso, quando in più di una ventina ci siamo ritrovati a Palazzo Bice Piacentini su invito di Giuseppe Merlini, archivista storico del Comune. E’ stato il modo migliore per concludere gli incontri settimanali che il Circolo dei Sambenedettesi organizza ogni anno in primavera per consentire l’approfondimento di argomenti relativi alla nostra storia e alla nostra cultura. Il Palazzo situato in via del Consolato 14, al Paese Alto, può essere ritenuto a tutti gli effetti il tempio della memoria storica di San Benedetto, ingentilito peraltro dalle memorie familiari che rimandano alla poetessa Bice Piacentini. Nelle sue stanze i documenti presentati e spiegati a noi tutti da Giuseppe Merlini hanno per l’appunto assunto il pregio di una narrazione, accompagnandoci al recupero di nomi, eventi, storie personali e collettive inscritte nelle carte che danno testimonianza del percorso sviluppato nel tempo dalla nostra città. Notevole in particolare “Il Catasto della Comunità di San Benedetto” del 1652, un volume logorato dai secoli e restaurato grazie al contributo del Lions Club. Oltre ai dati preziosi relativi alla realtà sambenedettese in quel tempo così lontano dal nostro presente, il volume riporta nelle pagine iniziali una memoria aggiuntiva del 12 giugno 1679, quando per la prima volta fu aperto il sepolcro di San Benedetto Martire. Di stanza in stanza, di piano in piano abbiamo seguito il racconto di momenti della nostra storia attraverso le carte che citano decreti, ma anche nomi del passato in gran parte presenti tuttora nell’onomastica cittadina. Ci è stato così possibile calarci nelle atmosfere suggestive della dimora della poetessa Bice a partire dalla bellissima sala della poesia che si apre con arcate e volte a crociera in mattoni nel seminterrato del palazzo, dando accesso allo straordinario cunicolo di epoca romana che procede per un buon tratto sotto il livello stradale. Approdati infine all’ultimo piano, dove si colloca il centro operativo del lavoro archivistico che attinge materiali dai numerosi faldoni stipati dentro appositi locali, abbiamo concluso il percorso nello studiolo della poetessa che con i suoi mobili originali, i suoi libri e i suoi affreschi conserva ancora il calore e la grazia di una presenza femminile che ha rappresentato in poesia le voci autentiche del nostro popolo.

 

Benedetta Trevisani

 
 

 
 

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