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Dialetto

Si lamenta oggi la morte del dialetto come lingua d’uso, causata da quel livellamento linguistico che i linguaggi della cultura scolastica e della diffusione multimediale hanno prodotto, ma ci sono prove concrete di una sua vitalità che perdura nei modi della comunicazione verbale e scritta.

In questa direzione stanno lavorando le scuole ai livelli di partenza, là dove la conquista progressiva della lingua italiana nelle sue forme codificate può aprirsi al confronto con un sostrato linguistico originario in cui le regole sono dettate non dalla grammatica ma dall’uso condiviso a livello popolare in modalità espressive libere e creative.

Nella stessa direzione operano le Associazioni teatrali, prima tra tutte la Ribalta Picena, che nei teatri locali, nelle piazze, nelle spiagge vanno rappresentando scene di vita popolare con la vivacità colorita che è tipica della gestualità e della lingua parlata dal popolo in un passato non molto lontano.
San Benedetto è terra di confine nella Marca bassa. Questa condizione, se per certi versi può averne determinato una marginalità culturale, per altri aspetti ha comportato un suo arricchimento grazie alla possibilità di scambio, di apertura alla diversità, di contaminazioni con ricadute sulla mentalità, sulle usanze, sulle credenze.

Nonché sulla lingua. Si parla delle Marche come di una regione plurale e quello che vale in riferimento alla ricchezza paesaggistica vale anche per quanto riguarda il panorama linguistico estremamente variegato e articolato.

San Benedetto nelle espressioni dialettali è più vicino all’Abruzzo che al resto delle Marche, considerato che già a Grottammare - pochi chilometri di distanza - il dialetto suona con
inflessioni e accenti completamente diversi.

Un dialetto, il nostro, di toni robusti, di risonanze aspre, con coloriture espressive forti ed incisive che, se da una parte possono farlo sembrare “barbaro”, come dice Bice Piacentini, dall’altra gli consentono grande efficacia rappresentativa.
Il vernacolo sambenedettese, come tutte le parlate dialettali, vive originariamente nelle forme dell’oralità.

Già nei primi decenni del novecento, però, incontra la scrittura ad opera di poeti e scrittori che, pur non appartenendo al mondo popolare, ne sanno cogliere le suggestioni sull’onda di
un legame affettivo e di una capacità di identificazione che si spende sostanzialmente sul piano linguistico.

La letteratura si fa dunque carico del dialetto contribuendo a conservarne la memoria anche quando il paese vive, negli anni ’50-’60, un processo evolutivo che incide sulla mentalità
delle gente, mutando le strutture della vita materiale, i costumi, la cultura. Il mutamento si esprime anche attraverso l’affrancamento della lingua dal dialetto che nella stessa coscienza popolare tende a identificarsi con la condizione di miseria e di arretratezza tipica dell’ambiente marinaro.

Pertanto la lingua italiana, anche se a volte precaria, viene offerta dai genitori ai figli come dono utile per la loro promozione sociale.
Oggi, tuttavia, esauritesi queste dinamiche sociali, il dialetto viene sentito come un patrimonio prezioso che non può e non deve andare disperso. Su di esso torna a concentrarsi l’attenzione delle scuole e della popolazione per un recupero non solo sentimentale, ma essenzialmente culturale.

Ne dà prova, più in generale, la letteratura nazionale che in tanti libri di narrativa e di poesia attinge alle parlate locali in una sorta di ibridismo che arricchisce, con finalità evocative o espressionistiche, il tessuto linguistico delle opere.

 
 
 

A cura del Circolo dei Sambenedettesi

 
 

 
 

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