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La corda, la rete

LA CORDA

 

Una categoria professionale sulla quale va posta la stessa attenzione storica riservata ai pescatori è quella dei Canapini, veri e propri forzati del lavoro, il cui contributo al ciclo della corda fu fondamentale. Ad essi era assegnato il compito di preparare tonnellate di canapa pronte alla lavorazione per spaghi e corde. Numerosissimi pettinatori di canapa grezza, secondo un sistema artigianale, effettuavano un’operazione indispensabile al lavoro dei funai. Dovevano innanzitutto maciullare la canapa, proveniente generalmente dal ferrarese, e cardarla con pettini di ferro di varia grandezza. Lavoratori infaticabili in ambienti angusti e mal arieggiati, soggetti a malattie della pelle e del sistema respiratorio, dovevano separare la parte migliore della canapa, il fiore, dalla stoppa, ed approntare i mazzi di canapa grezza pronta per la filatura da parte dei funai.

I funai, in un continuo andare e venire lungo un “sentiero”, confezionavano lo spago con le braccia semitese una avanti all’altra, con un pezzo di feltro bagnato in una mano e con l’altra intenta a distribuire la canapa che, sistemata intorno alla vita, si trasformava poi in fili sottili tutti dello stesso spessore. Una grande ruota di legno veniva girata in fondo al “sentiero”, soprattutto da bambini in età scolare ma anche da vecchi a riposo, mediante una o due manovelle che mettevano in movimento, con una trasmissione a cinghia, la girella, posta su un’asticella ad un metro circa da terra. La rotazione dei suoi dischi scannellati attorcigliava la canapa secondo l’indirizzo dato dal passo del funaio che, con la canapa sempre avvolta alla vita, si avvicinava alla fine del sentiero da dove, terminata una filatura, ne cominciava un’altra, nel percorso a ritroso. Gli spaghi di ottima fattura e di spessore omogeneo erano poi di nuovo lavorati e trasformati in corde. Nel tempo un motorino elettrico sostituirà l’accelerazione manuale data alla ruota, la plastica e il nylon sostituiranno la canapa e l’industria sostituirà il lavoro del “funaio”.

Questa antica attività era stata da sempre appannaggio di diversi nuclei familiari locali (Lattanzi, Merlini, Nico, Perotti, Pignati, Rosetti, Trevisani). E’ proprio grazie alla sagacia imprenditoriale di alcuni di loro che si deve la nascita di diverse industrie per la fabbricazione meccanizzata di cordami e reti per la pesca che ben presto si fanno apprezzare presso tante marinerie pescherecce, italiane ed estere, per l’ottima qualità dei prodotti. Con opportuni e puntuali adeguamenti e perfezionamenti dei processi lavorativi, si arriva a produrre reti sempre più perfette e robuste ed ogni tipo di ormeggi per la marina mercantile e di qualsiasi tonnellaggio. L’utilizzo di nuovi materiali porta, inoltre, alla produzione di funi metalliche (rigide, flessibili, semiflessibili) di qualsivoglia lunghezza e diametro da utilizzare anche in ambiti diversi da quello marittimo.

 

LA RETE

 

Le reti venivano confezionate a domicilio, o direttamente fuori dall’uscio di casa, dalle donne che si rifacevano ad un sistema tramandato nel tempo e che si acquisiva solo con la pratica. Per le loro famiglie, il lavoro della rete, fatto in ore libere dalle faccende domestiche, costituiva una risorsa economica aggiuntiva.

Migliaia erano le donne dedite a quest’attività ed erano dette “retare”. Servendosi di una sedia sulla quale appoggiavano la rete via via prodotta, le “retare” lavoravano la corda di canapa con una specie di ago di legno lungo 20 cm. detto “linguetta” e attorcigliavano lo spago su cannucce dette “morello” di vario diametro, a seconda della grandezza che le maglie dovevano avere.

Le reti venivano poi dal “retiere”, un vecchio marinaio, tinte di rosso con immersione in acqua bollente contenente cortecce di pino, per renderle più resistenti all’usura.

Questa antica e tradizionale industria locale ha saputo acquisire buona rinomanza non solo in ambito nazionale ma anche sul mercato balcanico e dell’Africa settentrionale.

 

 

 
 

 
 

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