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Gastronomia del mare

 Il brodetto

 

Un tempo il mare Adriatico univa le sue sponde ed era strada di comunicazione tra i vari popoli che su di esso si affacciano. Il commercio non conosceva confini così dalle nostre coste partivano ortaggi e frutta per la Dalmazia e i nostri pescatori andavano in cerca di migliori condizioni di pesca sui banchi del Quarnaro. Scambio di merci, mescolanza di uomini e di linguaggi.

Al tempo delle paranze le condizioni di vita della gente di mare non vedevano differenze tra un luogo e l’altro dell’Adriatico, i comuni denominatori erano la fatica, molti rischi e miseria diffusa.

La fame sempre in agguato dopo una stagione poco ventosa o eccessivamente cattiva non consentiva di sprecare nulla. I pesci che durante la pescata si deterioravano e non potevano essere venduti venivano comunque utilizzati cucinandoli a bordo con quel poco di condimento che si riusciva a rimediare. Nasce il brodetto, termine che in adriatico stava ad indicare quello che si cucinava in barca, in slavo brod (barca), e così brudet e brujet sulla costa orientale, brodetto sulla costa occidentale.

Diversi da un porto all’altro, da regione a regione, i brodetti sono tutti accomunati dalla comune appartenenza alla cultura marinara adriatica ancora poco conosciuta ai più, tant’è che non c’e vocabolario della lingua italiana che lo abbia correttamente definito.

Né nel greco né nel latino e da ricercare la matrice della parola “brodetto” ma da una lingua parlata in gran parte della costa orientale avente matrice slava.

In questo “intimo” golfo di Venezia ogni piccola comunità di pescatori ha apportato il suo sapere, la sua cultura, il suo cibo.

I sambenedettesi da sempre legati al mare (come testimoniato dall’unica figura rinvenuta nel pavimento di età romana scoperto di recente nell’antico incasato del “paese alto”) a partire dalla seconda metà del settecento, con l’arrivo delle paranze, traggono sempre più il loro sostentamento dall'attività di pesca: nasce di conseguenza una vera e propria cucina del pesce, di cui il brodetto, è quella che più di ogni altra sa raccontare la storia e l’evoluzione delle condizioni di vita marinare.

A bordo si usava una mistura di acqua e aceto detta “masa” che serviva sia per conservare l’acqua da bere, sia per disinfettare piccole ferite ed è finita nella cucina del pesce a bordo. Un po’ di cipolla, masa e pesce: la conosciuta “lattarella”, antesignana del brodetto. Le condizioni di vita migliorano e si intensificano gli scambi di materie prime, sopratutto con i contadini e compaiono nel brodetto, oltre la cipolla anche il peperone verde e i pomodori poco più che acerbi.

Il brodetto non si cucina più solo in barca con quel che c’era ma entra nella cucina di casa, si affina, ogni famiglia ne fa una sua versione. Svariate diventano le varietà di pesce che vengono usate, ma sempre, diremo oggi, di pesce povero.

Non si trovano ricette scritte (la più antica e su una guida della città di San Benedetto del Tronto edita dal Comune 1966(322 KB) e su “Ricette di Osterie d’Italia” del 2001 a diffusione nazionale edita da Slow Food) perchè nate in ambito dove la tradizione orale è certamente il solo modo di trasferire il “saper fare”. Oggi ogni ristorante propone il suo brodetto. Ogni famiglia marinara ha la sua ricetta ma poche sono le cose comuni a tutte: cipolla, peperone, pomodoro verde, aceto di vino bianco, pane raffermo o bruscato per accompagnare il piatto da consumarsi in compagnia di amici e bevendoci su del buon vino pecorino delle nostre colline di fronte al nostro mare respirandone la salsedine: felici di sapere che fra non molto tornerà ad essere solo una via di comunicazione con l’altra sponda, vissuta da gente appartenente alla stessa nostra civiltà marinara adriatica.

 

Tratto da:

“Lu Vredétte” di Gigi Anelli.

 

 

 

 
 
 
 

 
 

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